Di questi tempi non possiamo più permetterci di far finta di appena intravedere l'apporto rivoluzionario che è stato concesso al mondo professionale dell'intero pianeta da parte delle big tech (nel comparto), fra gli altri, per il tramite dei loro portali geografici generalisti.
Nè tanto meno possiamo seguitare a tacciare di approssimazione scientifica il metodo adottato da queste ultime nell'affrontare strategicamente quel mondo che noi Associazioni Scientifiche, insieme alle aziende più affermate di settore, ritenevamo di presidiare con esclusività del sapere e della tecnologia più avanzata: i tempi di accesso ad una mole immensa di dati geografici residenti nell'internet sono diventati presto un decimo di quelli che eravamo abituati ad aspettare, e questo rinchiuderci all'interno dei nostri Capitolati Speciali ci renderà semplicemente meno credibili agli occhi di quella crescente platea di soggetti che chiamiamo fruitori e che rappresenta evidentemente il mercato degli Associati che abbiamo il dovere di avvicinare, a partire dalle piccole e medie imprese fino ad arrivare al singolo professionista che arranca sul lavoro e nella vita. Se non lo faremo, spariremo.
Il quadro tecnologico e il modello di business tracciati da quelle aziende che scandiscono oggi - che lo si intenda osservare o no - i tempi, le modalità e le regole di consultazione e trattamento della stragrande maggioranza dei dati geografici pubblicati, e che sono state fino ad ora spesso e volentieri viste come una sorta di intralcio alla conversazione scientifica, è bene fissare chiaramente fin d'ora che dovranno essere studiati con attenzione e se possibile portati ad esprimersi al tavolo delle Associazioni, in modo da qualificare innanzitutto ed evidentemente queste ultime. Occorre almeno cominciare ad esporre un'umiltà di massima sui contenuti, cercare l'incontro con l'ambiente Industry e tentare di generare un apprendimento globale, orientabile e ancor più urgentemente biunivoco, per noi unico strumento di condivisione efficace e possibile.
L'11 giugno 2001 il mercato globale fu testimone dell'uscita di Google Earth. Nessuno di noi "addetti ai lavori" impiegò più di un paio di minuti, il tempo di venire a capo dell'effetto sorpresa, per misurare una performance straordinaria e non confrontabile (per quanto superiore), a quella di prodotti quali per esempio Autodesk Mapguide o i diretti competitor del tempo, posizionati da parte di ESRI, Intergraph o Bentley, all'epoca strumenti di punta dedicati alla consultazione web di dati geografici raster e vettoriali. Il concetto stesso di raster, in pochi attimi venne svilito, quasi come se fosse stato superato di slancio da vocaboli ancora sconosciuti, che fossero stati in grado di far riferimento e magari descrivere la praticità e semplicità della gestione dinamica e intelligente delle immagini telerilevate, che popolavano questa formidabile applicazione capace di occupare il globo in una rappresentazione senza esitazioni nè soluzione di continuità geografica.
Earth è rimasto sostanzialmente poi sempre lo stesso, integrando nel tempo alcune funzionalità interessanti le quali, tuttavia, non hanno potuto incidere sull'impatto iniziale e violento dell'innovazione di prodotto. E' poi noto che le altre Big Tech non hanno saputo rispondere in tempi brevi, e non hanno voluto farlo negli anni immediatamente successivi. Di conseguenza è proprio a partire dal 2001 che Google ha iniziato a scavare un solco che per un po' di tempo è aumentato in ampiezza (per quantità delle informazioni immesse) e in profondità (per qualità ed accuracy geografica delle medesime); dopodichè, la profondità è stata colmata da alcuni competitor, per cui il mercato dei big geographical data è stato investito da una rivalità senza precedenti fondata sulla qualità: una corsa agli armamenti che ha visto entrare in gioco dapprima Apple, con l'iniziale e fondamentale supporto di un brand di segmento molto forte e posizionato come è tuttora TomTom,
poi Amazon e a stretto giro anche Facebook e Microsoft, le quali tutte, seppure protagoniste nella crescita di un robusto comparto mapping proprietario, sono chi più chi meno tuttora pesantemente ancorate, e parliamo di investimenti davvero significativi, a un impianto geocartografico globale, nato verosimilmente (Joe Morrison) da una conversazione tra neolaureati in un pub inglese nel 2004 ed il cui valore commerciale è oggi fuori controllo: OpenStreetMap.
Delle interessanti e singolari ragioni che hanno al momento impedito alle grandi corporation di replicare OSM, suggerendo loro piuttosto di investirvi affiancando propri team di editor, parleremo magari in un'altra occasione. Ciò che sembra più in tema ora è invece riferire a proposito del quadro evolutivo dei contenuti di OSM per mano proprio dei grandi brand del mondo IT. All'interno delle aree geografiche (Stati, regioni, Human Settlements cruciali, etc..) ove i team impiegatizi dei grandi nomi sono attivi, l'incidenza media degli editor operanti su base volontaria è oggi pari a meno del 25% dell'intera operatività sui dati geografici stradali/edilizi di OSM, mentre nel 2017 tale valore si assestava intorno al 70% (Jennings Anderson). Ora, posto che le grandi corporations stanno in questo modo impoverendo il varco ideologico dal quale era scaturito quello spirito di community che ha ispirato la nascita del grande portale geografico libero, resta da capire che cos'altro stanno facendo queste ultime in questo momento, ciascuna per proprio conto e più o meno a fari spenti.
Altrimenti note come F.A.A.N.G. (Facebook, Amazon, Apple, Netflix and Google), talvolta considerate con l'inserimento di Microsoft, sono le Big Tech da un po' di tempo in grado di influenzare il nostro comportamento, le nostre scelte, i nostri acquisti e probabilmente anche le nostre attitudini.
Dalle parti di Seattle (a proposito, non senza il supporto della grande sede indiana di Hyderabad, annunciata nel settembre 2019 ed oggi operativa con circa 15.000 ingegneri, strutturati in una superficie di quasi 170.000 metri quadrati) si sta lavorando almeno su due fronti (parliamo di mapping, naturalmente): da una parte il progetto Amazon Location Service, nato insieme a ESRI e HERE Technology B.V. da una costola di Amazon Web Service, quest'ultima, oggi piattaforma di cloud computing forte di un importante vantaggio competitivo sulle analoghe messe a disposizione da Microsoft (Azure) e Google (GCP). La partnership poco sopra menzionata serve a colmare la carenza che anche Amazon, come le altre, soffre in termini di cartografia proprietaria (o acquisita in modalità di licenza perpetua senza esborso di alcun fee a beneficio dei relativi fornitori): ma mentre ESRI mette a disposizione del sodalizio alcune banche dati satellitari ad alta definizione, HERE contribuisce tramite la fornitura dei propri dati geografici vettoriali riferiti in particolare alla circolazione stradale, al traffico in real time ed alla localizzazione degli addresses.
Naturalmente i partner ricevono la corresponsione di un compenso a chiamata (clic) ogni qualvolta l'utente di Amazon Location Service effettua un'operazione sulla geografia, elabora una richiesta di percorso, esegue una ricerca differente, ecc... Ed è anche per questa ragione che Amazon si sta muovendo anche per proprio conto, al fine di smarcarsi dal sostenimento di tali costi. Come è tipico dei grandi brand, una volta verificata l'appetibilità di un mercato, è considerato grave errore strategico quello di attendere troppo prima di esserci, di conseguenza Amazon Location Services, come altre piattaforme, semplicemente doveva nascere, necessariamente insieme a partner scelti e consolidati di quel segmento. L'obiettivo è stato quindi quello di entrarvi più o meno subito, di consolidare un servizio e poi innovarlo e migliorarlo, proprio mentre si stava dando battaglia sui punti di quota di mercato ai competitors di sempre. Tra non molto, Amazon ridurrà il contributo quantitativo dei propri fornitori di dati geografici a consumo, e ripresenterà una versione di Amazon Location Services quasi proprietaria sull'elemento più importante, l'impianto cartografico: c'è da scommetterci.
Anche Facebook e Microsoft stanno investendo nel medesimo tentativo di ridurre il disequilibrio ad oggi ancora grossolano fra i dati geografici di terze parti e quelli di proprietà oppure acquisiti a forfait senza condizioni alla pubblicazione; le piattaforme si chiamano, per chi non lo sapesse, rispettivamente Facebook Maps e Microsoft Azure Maps. Ma mentre la creatura di Zuckenberg (oggi rinominata in Meta) non sembra mostrare particolare interesse in una corsa alle dotazioni informative geografiche di proprietà - se non per determinate categorie o classi tematiche - dalle parti di Redlands assistiamo oggi ad un'interessante accelerazione, che riguarda anche l'edificato 2D, pubblicato e reso disponibile anche in modalità Opendata proprio nelle ultime settimane dalla partecipata Bing e con riferimento a una lunga serie di Paesi tra i quali l'Italia. La completezza del dato è buona (l'abbiamo testata per parti del nostro Paese) e la qualità senz'altro più che dignitosa.
E mentre ciò che accade a Mountain View è sempre un po' circondato da quel più o meno trasparente alone di mistero che incuriosisce quasi sempre, Cupertino, infine, mostra dettaglio e qualità con la celebre mappa proprietaria della California, che rappresenta e simboleggia fino alle singole piante, in alcune città. Apple New Map è in effetti il manifesto quali-quantitativo che riferisce il formidabile desiderata geografico globale del brand fondato da Steve Jobs. Da un punto di osservazione strettamente GIS oriented, il progetto più ambizioso.
Per concludere, riusceremo, come Associazioni di tutela, divulgazione e confronto sui dati geografici in Italia, a mantenere il passo di una credibilità di categoria che prevede senza mezzi termini una maggiore apertura della nostra consapevolezza e una manifestazione più convincente della nostra umiltà un po' repressa?
Si tratta di reazioni né agevoli né rapide, ma necessarie. Ai giovani, che si affacciano al mondo delle Associazioni federate in ASITA diciamo e raccomandiamo di aprire, aprire la loro visione del mercato che un giorno sarà soltanto loro, in direzione degli altri, settore Pubblico, Big Tech, mondo Professionale, Major internazionali di segmento, Industry nazionale, ecc... La geoinformazione, prima o poi, dovrà diventare una sola: meglio se ce ne accorgiamo prima.
Valerio Zunino
Vicepresidente Associazione AMFM GIS Italia
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